In caso di lesioni la prova del ricovero a testimonianza del rapporto creatosi tra medico e paziente non è sufficiente a provare la responsabilità medica. E’ quanto sancito lo scorso 6 ottobre dalla I Sezione Civile del Tribunale di Santa Maria C.V.
La fattispecie specifica oggetto della pronuncia riguarda il caso di un paziente operato nel 2010 di colecistectomia presso una clinica privata di Santa Maria C.V.
In seguito all’operazione l’uomo accusò forti dolori addominali tali da indurre i medici a trasferirlo presso un ospedale di Napoli. Qui, riscontrata la perforazione intestinale, il soggetto fu sottoposto ad un nuovo intervento chirurgico d’urgenza. Il paziente, guarito, fu poi dimesso dopo circa dieci giorni.
Citati in giudizio la clinica privata ed i medici che l’operarono per primi, l’uomo si è visto rigettare la richiesta dal Tribunale.
Secondo l’estensore della sentenza infatti, “L’attore ha fornito solo la prova, peraltro non contestata, del ricovero (quindi dell’esistenza del rapporto contrattuale), ma non ha indicato quei fatti nei quali si sarebbe sostanziato l’inadempimento dei sanitari” di qui quindi l’assoluta genericità delle contestazioni insuscettibili di formare una solida base probatoria “Qualora si considerassero sufficienti questo tipo di allegazioni del tutto generiche per poter far scattare l’onere probatorio contrario in capo al convenuto, si finirebbe con il gravare quest’ultimo di uno sforzo probatorio eccessivo, vanificando, di fatto, proprio quell’equilibrio probatorio tra le parti che la cassazione intende garantire”.
Sostanzialmente il ragionamento portato avanti dal magistrato si basa interamente sulla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 13533/2001, in essa il supremo consesso afferma che “Il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l’adempimento ha l’onere di provare la fonte (legale o negoziale) del proprio diritto, mentre può limitarsi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento dell’altra parte, gravando su quest’ultima (ovvero sul debitore convenuto) l’onere di provare l’esistenza di un fatto estintivo, ovvero dell’avvenuto adempimento”. Di qui quindi in seguito all’evoluzione giurisprudenziale con la sentenza 577/2008 è sempre la suprema Corte ad affermare che “In tema di responsabilità medica l’allegazione del creditore non può essere limitata ad un qualsiasi inadempimento, ma deve riguardare un inadempimento c.d. qualificato, ovvero un inadempimento che costituisca causa astrattamente efficiente della produzione del danno”.
“Una sentenza, quella del Tribunale di Santa Maria C.V. che va a totale discapito dei cittadini” E’ questo il commento, tranchant del presidente nazionale di Sos utenti consumatori Antonio Ferrara.
“Simili pronunce- ammonisce- non fanno altro che aumentare la sfiducia dei consumatori nei confronti del sistema giustizia”.
La debolezza di chi vive un momento di difficoltà e la spavalderia di chi con imperizia e negligenza gioca con la salute delle persone.
“E’ inammissibile che un soggetto, già di per sé leso dalla condotta dei medici sia poi onerato di un ulteriore peso probatorio che, nella gran parte dei casi non è assolutamente in grado di sostenere. Sia per mancanza di conoscenze specifiche e sia per assenza di disponibilità economiche. I periti costano, e non tutti hanno la possibilità di sostenerne il costo”.
In ogni caso la battaglia andrà avanti lo stesso.
“Chiunque avesse bisogno di aiuto la nostra associazione è sempre aperta e disponibile a valutare caso per caso la possibilità di agire legalmente per il risarcimento dei danni derivanti da casi di malasanità. Non sarà – conclude – di certo una sentenza sfavorevole e fermarci”.
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