L’informativa specifica circa il trattamento sanitario, ossia il consenso informato
Ogni qual volta ci sottoponiamo ad un trattamento sanitario è indispensabile sottoscrivere preliminarmente il modulo del cosiddetto consenso informato, attraverso il quale si autorizza il medico ad effettuare il trattamento sulla nostra persona.
Ma a cosa serve esattamente il consenso informato? E perché è necessario acquisirlo?
Quando si parla di consenso informato si fa riferimento alla necessità che una persona, prima di ricevere un trattamento medico, esprima consapevolmente la sua volontà di esser sottoposta a tale trattamento.
A tal fine, quindi, è necessario che il paziente sia adeguatamente informato sulla natura e sui rischi dell’intervento cui deve essere sottoposto, prestando idoneo consenso.
Il principio del consenso informato si rinviene, anzitutto, nella Costituzione: all’articolo 32 della stessa è infatti stabilito che nessuno può essere obbligato ad un dato trattamento sanitario; in secondo luogo, lo stesso principio è sancito dalla legge 833 del 1978, laddove è previsto che nessuno può esser sottoposto a trattamento sanitario contro la sua volontà.
Si tratta, in soldoni, della esplicazione del principio di autodeterminazione, in ragione del quale nessuno può esser costretto a tollerare o subire alcunché se non lo vuole.
Come si acquisisce il consenso informato
Chiarito questo aspetto, è ora opportuno capire come si realizza concretamente il principio del consenso informato.
Il medico, conformandosi a tale principio, dovrà fornire al paziente una completa, precisa, chiara ed esaustiva informativa circa la situazione clinica in cui versa il paziente, evidenziando le tecniche mediche che verranno utilizzate in occasione dell’intervento, le alternative possibili (se presenti), i relativi rischi e le eventuali complicazioni, anche se successive all’intervento stesso.
È bene chiarire, però, che il “livello” dell’informazione da fornire non è standard; occorre, infatti, che le informazioni siano comprensibili al paziente e che quindi siano commisurate, qualitativamente e quantitativamente, al livello culturale ed intellettuale dello stesso. Ciò, ovviamente, al fine di consentirgli di esprimere con piena consapevolezza il consenso informato.
Sarà necessario allora evitare di utilizzare inutili e sterili tecnicismi, prospettando al paziente, anche con terminologia ‘maccheronica’, la vera entità e le reali implicazioni del trattamento sanitario. Diversamente, ossia nel caso in cui l’informativa non sia comprensibile, non si potrebbe affermare di aver assolto all’obbligo previsto dalla legge.
Il paziente, quindi, sulla base delle informazioni ricevute, sarà in grado di valutare a cosa effettivamente va incontro, ai rischi connessi al trattamento, alle alternative mediche possibili, alle conseguenze (anche catastrofiche) che potrebbero verificarsi in seguito; ed ovviamente, quanto ai rischi, occorre che il consenso copra non solo i rischi immediatamente percepibili, ossia quelli successivi all’intervento, ma anche le complicazioni che nel tempo, anche a distanza di anni, potrebbero insorgere.
L’assenza o l’insufficienza del consenso informato è fonte di responsabilità medica
Solo dopo aver ottenuto tali informazioni, il paziente potrà o meno esprimere il consenso all’intervento.
E, difatti, in assenza di consenso informato il medico non potrà legittimamente intervenire, non essendogli consentito di agire contro la volontà del paziente.
Così, in caso di assenza o di insufficienza di consenso informato, potrà configurarsi la cosiddetta responsabilità medica (di cui si è ampiamente parlato in questa occasione) e sarà pertanto possibile agire per il risarcimento dei danni subiti.
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